Should Scotland be an independent country?

Il 18 settembre, circa 4 milioni di persone si recheranno alle urne per decidere se la Scozia debba o meno essere uno Stato indipendente.

 

Come si è arrivati al referendum?

Giacomo VI

Giacomo VI

Indipendente dal 1314, anno in cui gli scozzesi vinsero la battaglia di Bannockburn contro gli invasori inglesi, la Scozia ha perso la sua piena sovranità nel 1707, quando è entrata a far parte del Regno Unito attraverso l’Atto di Unione.

Già dal 1603, in realtà, la corona di Scozia e quella di Inghilterra erano state unificate nella persona di Giacomo VI, ma i due Stati erano rimasti di fatto separati.

L’annessione al Regno Unito, per quanto caldeggiata dalle élite scozzesi (ingolosite dalla possibilità di entrare di slancio nei giochi della nascente industria inglese e nel cuore dei mercati imperiali), arrivava dopo secoli di guerra contro gli ingombranti vicini e non venne accolta con grande entusiasmo dalla popolazione, anche a causa dello scioglimento del Parlamento che andava a confluire nel nuovo Parlamento britannico.

In questi 300 anni di cammino comune, le tensioni tra Scozia e Inghilterra non si sono mai sopite del tutto. Di conseguenza, vari sono stati i tentativi scozzesi sia di autodeterminarsi, sia di ottenere almeno un rilevante peso politico all’interno delle scelte dell’Unione.

Già alla fine del XIX secolo veniva istituita la carica di Segretario di Stato per la Scozia, a capo dello Scotland Office, con lo scopo di curare gli interessi scozzesi nell’ambito dell’attività del Governo britannico. Tuttavia, i suoi poteri sono sempre rimasti piuttosto limitati e i tentativi di conseguire l’autodeterminazione hanno dovuto percorrere altre strade.

 

La devolution in Scozia

I referendum per la devolution hanno rappresentato due tappe fondamentali di questo percorso.

Holyrood

Holyrood, sede del nuovo Parlamento scozzese

Il primo – nel 1979 – riguardava l’istituzione di un’Assemblea scozzese. Si espresse a favore il 51,6% dei votanti, ma un emendamento imponeva il raggiungimento di una maggioranza qualificata identificata con almeno il 40% sul totale dell’elettorato iscritto.
L’affluenza alle urne fu del 63,8% e pertanto il SI venne scelto solo dal 32,9% dell’elettorato.
La proposta risultava quindi respinta.

Miglior fortuna ebbero le ambizioni autonomiste nel referendum del 1997. Anche stavolta uno dei due quesiti, il primo, verteva sulla creazione di un Parlamento scozzese. La seconda domanda, invece, riguardava l’attribuzione di alcuni – molto limitati – poteri in ambito fiscale all’eventuale nuova Camera rappresentativa.
Entrambe le proposte videro una maggioranza di voti favorevoli.

Nel 1998 rinasceva quindi il Parlamento scozzese, che celebrava le prime elezioni nel maggio 1999.
L‘assemblea monocamerale ha potere legislativo su giustizia, salute, educazione, governo locale, sport, agricoltura e su quanto nello Scotland Act non è riconosciuto come materia riservata al Parlamento Britannico. Esprime inoltre un Primo Ministro che, a capo del proprio governo, è legato alla Camera da un rapporto fiduciario.

 

Il referendum del 2014

Edinburgh Agreement

David Cameron e Alex Salmond

Nel 2011, dopo 4 anni di governo di minoranza, lo Scottish National Party, partito indipendentista di orientamento socialdemocratico, rivince le elezioni del Parlamento scozzese, diventando il primo partito nella breve storia della rinata Camera a conquistare la maggioranza assoluta.

Cavallo di battaglia dell’SNP è la convocazione di un referendum per l’indipendenza.

Il partito, guidato dal Primo ministro scozzese Alex Salmond, riuscirà ad ottenere il suo obiettivo: il 15 ottobre 2012, Salmond e Cameron, primo ministro del Regno Unito, firmano l’Edinburgh Agreement, l’accordo che prevede la possibilità di tenere un referendum per l’indipendenza della Scozia nel 2014 e affida al Parlamento scozzese la potestà legislativa sulla consultazione.

La convocazione del referendum viene ratificata nel 2013 dal Parlamento con sede a Edimburgo.

Il voto è aperto ai cittadini britannici, dei Paesi del Commonwealth e dei Paesi dell’Unione europea che risiedano in Scozia e abbiano compiuto 16 anni.

 

Cosa succede se vince il SI

YES Scotland
La proposta dello Scottish National Party è quella – una volta ottenuta l’indipendenza – di mantenere la regina come capo di Stato (la Scozia rimarrebbe comunque un Paese del Commonwealth), la sterlina come moneta e la rappresentanza nell‘Unione Europea.

Per il Partito di Alex Salmond, la Scozia, grazie alle risorse petrolifere provenienti dal Mare del Nord, potrebbe imporsi come potenza economica in ambito mondiale.

In caso di vittoria, entrerebbe in gioco la nuova bozza di Costituzione, presentata a giugno 2014, che, se approvata dal Parlamento Scozzese, rimarrebbe valida fino alla stesura di una Carta completa ad opera di un’Assemblea costituente indipendente.

L’indipendenza diventerebbe fattiva nel marzo 2016.

 

Cosa succede se vince il NO

Keep calm and vote NO
Teoricamente non cambia nulla o quasi.
I partiti unionisti (Laburisti, Conservatori, Liberaldemocratici) hanno però siglato un accordo in cui si impegnano a promuovere nuove policy per conferire – comunque vada – maggiori poteri (specialmente in ambito fiscale, come già avvenuto con lo Scotland Act 2012) al Parlamento scozzese, nell’ambito del già avviato processo di devolution.

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